5 marzo 2016

Clean Up Your Spot #2 Plancton,Tartarughe e Microplastica




Carissime e Carissimi,   
Un po’ di tempo fa vi ho raccontato dell’Isola di Plastica cercando di darvi un quadro generale sulla situazione che vivono le acque del nostro pianeta.
Prendo come bibbia per questo argomento il fantastico libro di Nicolò Carnimeo “Come è profondo il mare”, un viaggio nel mare e per il mare. Lettura consigliata a tutti, perché il mare è di tutti.

Ormai lo avrete capito, la plastica è indistruttibile, non si decompone mai, è una malattia incurabile. Le parti che durano di più sono i tappi, il fondo e il collo delle bottiglie, la plastica resistente agli urti usata nei contenitori per cosmetici, detersivi, tubi dell’acqua e del gas, quella degli imballaggi, dei sacchetti e delle pellicole per alimenti, dei giocattoli e.. quanto tempo avete?! Fermatevi un secondo e guardatevi attorno. Cosa vedete? Io vedo plastica, in tutte le forme e colori. 

Nelle mie passeggiate sulla spiaggia mi capita di vedere qualsiasi cosa, pezzi di tapparelle, parti di stendini, bamboline, pezzi di computer, bottiglie ovviamente, tubi, pezzi di sedie di plastica, ma non solo frammenti riconoscibili. Ciò che è veramente preoccupante sono quei microframmenti che si vedono solo perché coloratissimi.. 
Sembra quasi che tutto finisca in mare ad un certo punto..  E di certo questi oggetti non si gettano in mare da soli, e nella maggior parte dei casi rimane tutto in acqua e sulle nostre spiagge.
Bisogna partire dalla vera essenza del mare, il plancton. 
Nella foto in basso: microorganismi che costituiscono il plancton, fotografati al microscopio. Autore:sconosciuto
Come spiega Carnimeo: “Le microalghe costituiscono il fitoplacton, mentre lo zooplancton si compone di uova di pesci, larve e altri animali adulti che non sono capaci di opporsi al moto delle correnti. Lo zooplancton vive del fitoplancton e quest'ultimo di luce e nutrienti quali nitrati e fosfati provenienti anche dallo zooplancton morto.”
Tornando nell’isola di plastica, analizzando i dati dei prelievi: “il rapporto tra plastica e massa di zooplacton è ormai di 6 a 1, e sale a 46 a 1 nella zona di convergenza.”
Così la plastica entra nella catena alimentare, e chi c’è al vertice di questa catena?! L’uomo! Non solo siamo causa dell’inquinamento del mare, ma molti se lo mangiano anche.. l’inquinamento..
Il plancton, anzi questo plancton, è il cibo prediletto da tutti i pesci, da quelli piccoli a quelli più grandi come le balene. E’ importante anche per quelli che non se ne cibano direttamente, perché vivono delle altre creature che se ne cibano, come alcuni uccelli marini e tartarughe. 

È ciò che normalmente si trova nello stomaco di un giovane albatros delle Hawaii. A Midaway Island, un atollo dell'arcipelago delle Hawaii, vive una colonia di albatros che ogni anno dà alla luce 500.000 pulcini. Di questi, 200.000 muoiono a causa dell'ingestione di plastica con cui i genitori li nutrono perché la scambiano per cibo. In totale, più di 1 milione di uccelli marini e 100 mila mammiferi marini muoiono, ogni anno, a causa dell'ingestione di plastica o intrappolati nei rifiuti.| Chris Jordan/US Fish And Wildlife Service.
Queste creature secolari, le tartarughe,
hanno il vizio di scambiare i sacchetti di plastica, per meduse, loro cibo prediletto. Uno studio australiano rivela che il 52% delle tartarughe che popolano i mari di tutto il mondo ha mangiato plastica e detriti. In media nello stomaco delle tartarughe spiaggiate lungo le coste italiane si trovano 150 pezzi di plastica.
Ogni anno gli esseri umani usano centinaia di miliardi di sacchetti (100 miliardi solo negli Stati Uniti, secondo il World Watch Institute). Se ne ricicla soltanto una piccola percentuale,  mentre la maggior parte non serve che per pochi istanti  (il più delle volte solo per il breve tragitto dal negozio a casa).
In natura, invece, sopravvivono per migliaia d’anni. 
Dalle analisi dei ricercatori è emerso che la specie messa più a rischio dal fenomeno è la tartaruga bastarda olivacea (Lepidochelys olivacea). Presente nei mari tropicali, questa specie si nutre prevalentemente in mare aperto e ama le meduse, caratteristiche che la rendono più esposta al rischio di ingoiare sacchetti di plastica. Si, perché basta anche solo che i rifiuti rimangano nello stomaco di questi animali senza danneggiare la parete dell'organo, per uccidere la tartaruga: non riuscendo a digerire la plastica, il rettile si sentirà sazio e smetterà di nutrirsi. Infatti da una ricerca compiuta dall'università di Exeter, in collaborazione con Plymouth Marine Laboratory, North Carolina State University, Duke University Marine Lab e James Cook University, e pubblicata su 'Ices Journal of Marine Science' emerge che: "quando le tartarughe ingeriscono plastica, possono soffrire di blocchi intestinali che possono provocare malnutrizione che a sua volta può portare a cattive condizioni di salute, tassi di crescita ridotti, capacità riproduttiva più bassa e anche la morte - racconta Brendan Godley, che ha guidato il team - E' deludente pensare che quasi ogni pezzo di plastica che sia mai entrato nel mare è ancora lì.” La ricercatrice parla di un minestrone di plastica. Perfetto esempio per far capire a tutti la situazione. 

Tra le aree più "a rischio rifiuti" vengono segnalate le coste nordamericane, australiane, sudafricane e del sud-est asiatico, e l'Oceano Indiano orientale. Ma non mancano le zone più vicine a noi: su 40 stazioni analizzate al largo di Francia, Spagna e Nord Italia da Expedition Med, nel 90% dei casi è stata riscontrato la presenza di rifiuti in plastica. Ogni anno vengono scaricate in mare da 4 a 12 milioni di tonnellate di materiale plastico.

Nel nostro quotidiano possiamo fare alcune cose che possono aiutare non solo gli esseri che vivono nei mari, ma anche i noi del futuro. Ad esempio preferire prodotti riciclati e riciclabili, materiali più ecologici e più duraturi. Passeggiare sulla spiaggia è bellissimo e rilassante, ma se a rovinare il nostro bel vedere è la plastica, perché lamentarsi e basta?! Si può raccogliere, non c’è bisogno di raccogliere tutta la plastica del mondo in un minuto! Ma se ognuno di noi durante la passeggiata con il cane o nel rituale (per alcuni quotidiano) del “ vado a vedere il mare (magari ci sono le onde)” raccogliesse qualcosina e la buttasse nei bidoni appositi, sarebbe un passo in più nel rendere questo pianeta la nostra casa. 

Qualche giorno fa sono andata a fare una passeggiata sulla spiaggia, mentre guardavo le onde ho raccolto un po’ di rifiuti più che altro grossi.. Li ho portati ad almeno 300 mt di distanza per poi buttarli in un cestino in un giardinetto, perché vicino alla spiaggia non c’era nessun bidone. Solo durante la stagione estiva il comune mette in spiaggia i bidoncini di plastica, indifferenziata, carta e umido, per il resto dell’anno nulla. Ora alcuni di voi diranno che la pulizia della spiaggia non spetta a noi cittadini che paghiamo le tasse anche per questo servizio.. Ma c’è il servizio? O la pulizia avviene solo in prossimità della stagione estiva? E il resto dei rifiuti che durante gli altri mesi dell’anno arrivano sulle nostre spiagge e acque, dove va? Ebbene, quei rifiuti, visto che nessuno li toglie, sono i peggiori perché mareggiata dopo mareggiata vengono seppelliti e vanno a finire sui fondali, e piano piano come cibo per gli abitanti che popolano spiagge e acque. Lamentatevi e non fate nulla. Io preferisco fare qualcosina in base ai miei impegni e alle mie possibilità. Perché sono convinta che l’azione di ogni singolo se unita ai gesti di altre centinaia e centinaia di persone può fare la differenza.
Prossimamente vorrei raccontarvi di alcune organizzazione che hanno a cuore il nostro pianeta.. Da Fuerteventura alle Maldive!

Cannuccia estratta dal naso di una tartaruga

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