Carissime e Carissimi,
Un po’ di tempo fa vi ho raccontato dell’Isola di
Plastica cercando di darvi un quadro generale sulla situazione che vivono le
acque del nostro pianeta.
Prendo come bibbia per questo argomento il fantastico libro di Nicolò Carnimeo “Come è profondo il mare”, un viaggio nel mare e per
il mare. Lettura consigliata a tutti, perché il mare è di tutti.
Ormai lo avrete capito, la plastica è indistruttibile,
non si decompone mai, è una malattia incurabile. Le parti che durano di più
sono i tappi, il fondo e il collo delle bottiglie, la plastica resistente agli
urti usata nei contenitori per cosmetici, detersivi, tubi dell’acqua e del gas,
quella degli imballaggi, dei sacchetti e delle pellicole per alimenti, dei
giocattoli e.. quanto tempo avete?! Fermatevi un secondo e guardatevi attorno.
Cosa vedete? Io vedo plastica, in tutte le forme e colori.
Nelle mie passeggiate sulla spiaggia mi
capita di vedere qualsiasi cosa, pezzi di tapparelle, parti di stendini, bamboline,
pezzi di computer, bottiglie ovviamente, tubi, pezzi di sedie di plastica, ma
non solo frammenti riconoscibili. Ciò che è veramente preoccupante sono quei
microframmenti che si vedono solo perché coloratissimi..
Sembra quasi che tutto
finisca in mare ad un certo punto.. E di
certo questi oggetti non si gettano in mare da soli, e nella maggior parte dei
casi rimane tutto in acqua e sulle nostre spiagge.
Bisogna partire dalla vera essenza del mare, il plancton.
Nella foto in basso: microorganismi che costituiscono il plancton, fotografati al microscopio. Autore:sconosciuto
Come spiega Carnimeo: “Le microalghe costituiscono il
fitoplacton, mentre lo zooplancton si compone di uova di pesci, larve e altri
animali adulti che non sono capaci di opporsi al moto delle correnti. Lo
zooplancton vive del fitoplancton e quest'ultimo di luce e nutrienti quali
nitrati e fosfati provenienti anche dallo zooplancton morto.”
Tornando nell’isola di plastica, analizzando i dati dei
prelievi: “il rapporto tra plastica e massa di zooplacton è ormai di 6 a 1, e
sale a 46 a 1 nella zona di convergenza.”
Così la plastica entra nella catena alimentare, e chi c’è
al vertice di questa catena?! L’uomo! Non solo siamo causa dell’inquinamento
del mare, ma molti se lo mangiano anche.. l’inquinamento..
Il plancton, anzi questo plancton, è il cibo prediletto
da tutti i pesci, da quelli piccoli a quelli più grandi come le balene. E’
importante anche per quelli che non se ne cibano direttamente, perché vivono
delle altre creature che se ne cibano, come alcuni uccelli marini e tartarughe.

Queste creature secolari, le tartarughe,
hanno il vizio di scambiare i sacchetti di
plastica, per meduse, loro cibo prediletto. Uno studio australiano rivela che
il 52% delle tartarughe che popolano i mari di tutto il mondo ha mangiato
plastica e detriti. In media nello stomaco delle tartarughe spiaggiate lungo le
coste italiane si trovano 150 pezzi di plastica.

In natura, invece, sopravvivono per migliaia d’anni.
Dalle analisi dei ricercatori è
emerso che la specie messa più a rischio dal fenomeno è la tartaruga bastarda
olivacea (Lepidochelys olivacea). Presente nei mari tropicali, questa
specie si nutre prevalentemente in mare aperto e ama le meduse, caratteristiche
che la rendono più esposta al rischio di ingoiare sacchetti di plastica.
Si, perché basta anche solo che i rifiuti rimangano nello stomaco di questi
animali senza danneggiare la parete dell'organo, per uccidere la tartaruga: non
riuscendo a digerire la plastica, il rettile si sentirà sazio e smetterà di
nutrirsi. Infatti da una ricerca compiuta dall'università di Exeter, in
collaborazione con Plymouth Marine Laboratory, North Carolina State University,
Duke University Marine Lab e James Cook University, e pubblicata su 'Ices
Journal of Marine Science' emerge che: "quando le tartarughe ingeriscono
plastica, possono soffrire di blocchi intestinali che possono provocare
malnutrizione che a sua volta può portare a cattive condizioni di salute, tassi
di crescita ridotti, capacità riproduttiva più bassa e anche la morte -
racconta Brendan Godley, che ha guidato il team - E' deludente pensare che
quasi ogni pezzo di plastica che sia mai entrato nel mare è ancora lì.” La
ricercatrice parla di un minestrone di plastica. Perfetto esempio per far
capire a tutti la situazione.

Nel nostro quotidiano possiamo fare alcune cose che
possono aiutare non solo gli esseri che vivono nei mari, ma anche i noi del
futuro. Ad esempio preferire prodotti riciclati e riciclabili, materiali più
ecologici e più duraturi. Passeggiare sulla spiaggia è bellissimo e rilassante,
ma se a rovinare il nostro bel vedere è la plastica, perché lamentarsi e
basta?! Si può raccogliere, non c’è bisogno di raccogliere tutta la plastica
del mondo in un minuto! Ma se ognuno di noi durante la passeggiata con il cane
o nel rituale (per alcuni quotidiano) del “ vado a vedere il mare (magari ci
sono le onde)” raccogliesse qualcosina e la buttasse nei bidoni appositi,
sarebbe un passo in più nel rendere questo pianeta la nostra casa.

Prossimamente vorrei
raccontarvi di alcune organizzazione che hanno a cuore il nostro pianeta.. Da
Fuerteventura alle Maldive!
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